KRISHNA, IL "CAMPIONE"
L’allenamento dei lottatori indiani – che in genere, anche se può sorprendere molti di coloro che per apprezzabile scelta etica sono vegetariani, a prescindere dagli orientamenti religiosi, sono carnivori[2] - si basa su tre diversi tipi di esercizi:
-
Una specie di Yoga dinamico
- assai simile agli esercizi che oggi, nelle moderne tecniche di allenamento
occidentali, vengono definiti “Natural Movement” e “Animal Locomotion”
- per sviluppare agilità e flessibilità;
-
La pratica del “Malla-khamba”
o Yoga acrobatico - considerato anche uno sport a sé stante - che consiste
nell’assumere degli āsana su un palo di legno o appesi a corde.
-
Esercizi con clave, sfere e dischi di pietra per lo sviluppo della
forza.

Per
un occidentale questi omoni, grandi mangiatori di carne, che si allenano otto
ore al giorno per sviluppare i muscoli sono agli antipodi dello yogin e del
maestro spirituale. Nessuno di noi potrebbe immaginare, ad esempio, l’efebico
Kṛṣṇa, lucido di sudore e olio di sesamo afferrare al collo un avversario e rotolarsi
nel fango per finirlo a calci e pugni.
Siamo
abituati infatti a vedere Kṛṣṇa vestito di abiti di seta profumati, con indosso
ghirlande di fiori intento a suonare, col il suo magico flauto, melodie
dolcissime piegando la testa e il corpo come un giunco mosso dal vento.
Kṛṣṇa per noi è il bambino goloso di burro beniamino delle madri del suo paesello, che ridono,
beate, delle sue burle. Le giovani donne accorrono al suono del suo flauto per
danzare insieme a lui e la bellissima Rādhā passa le ore a carezzargli i bei
boccoli neri.

Kṛṣṇa suona il flauto per Rādhā. Fonte: https://www.quora.com/Why-does-Lord-Krishna-always-hold-a-flute
Kṛṣṇa e i campioni di Malla-Yuddha sembrano appartenere a due culture, anzi a due mondi, completamente diversi, ma, è sufficiente sfogliare due dei principali testi della tradizione indiana, il Bhāgavata Purāṇa[3], e il Mahābhārata (conosciuto anche come Kṛṣṇaveda) per scoprire che Kṛṣṇa era il più grande atleta dei suoi tempi. La sua fama, le sue ricchezze, addirittura il suo regno li avrebbe conquistati grazie alla forza sovrumana e all’abilità dimostrate sia nel combattimenti sia nel Jallikattu, la lotta con i tori ancora praticata nel moderno Tamil.
Krishna kills Kamsa" By Martadas Pirbudial -
http://www.ebay.com/itm/India-Old-Litho-KRISHNA-KILLS-KANSA-2639-/400331809585?pt=LH_DefaultDomain_0&hash=item5d35a2a331,
Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22395572
Una
delle più famose imprese di Kṛṣṇa, ad esempio, è l’uccisione del “Tiranno
Kaṃsa”, una storia famosissima in India, raccontata anche nei libri per
bambini e nelle fiction televisive. La trama è assai semplice: Kaṃsa,
re di Vrishni organizza nella capitale del suo regno, Mathura, un torneo di
lotta a squadre, a cui partecipano anche Kṛṣṇa e il fratellastro Balarāma.
I due affrontano Chanura e Mustika, i due campioni locali,
sconfiggendoli facilmente. Quindi Kṛṣṇa si lancia su un infuriato Kaṃsa, e lo
massacra senza pietà, a pugni nudi[4].
In India Kṛṣṇa è considerato un lottatore imbattibile
che atterra gli avversari a calci, pugni e ginocchiate.
Dal
Mahābhārata si scopre anche che è un grande cacciatore: insieme al nipote Ārjūna
dà fuoco ad una foresta e colpisce con le sue frecce infallibili tutti gli
animali in fuga.
Fare
una lista degli uomini, dei demoni sconfitti dai suoi calci e dai suoi pugni è
un’impresa improba. Ne citeremo solo alcuni[5]:
-
Pūtanā
(parola che significa “putrefazione”). Tenta di avvelenarlo con il latte e
viene strangolata da un Kṛṣṇa ancora bambino.
-
Trinavita (o Tṛnavṛta)
che si presenta in forma di tornado, viene preso al collo e schiacciato a
terra.
-
Aghāsura, fratello
maggiore di Pūtanā, è un gigantesco serpente che finisce soffocato e con la
testa rotta.
-
Dheruka, invece è un
“asino”, che combatte contro Kṛṣṇa e il fratellastro. Grande lottatore dà un
calcio volante al petto di Balarāma, ma questi gli afferra le gambe, lo fa
roteare e lo schianta contro un albero.
-
Ariṣṭāsura va a sfidare
il “pastorello” dopo essersi trasformato in un gigantesco toro. Kṛṣṇa lo
afferra per lo corna, lo rovescia a terra e lo tempesta di calci. Quando
l’altro è ormai privo di sensi gli strappa le corna e lo uccide.
-
Keśi, assume la forma di un cavallo enorme, veloce come il vento. Tenta
di colpire il nostro eroe con le zampe davanti, ma questi lo afferra per le
zampe posteriori - come aveva fatto Balarāma con Dheruka - e lo lancia
a grande distanza. Keśi si rialza, e cerca di mordere Kṛṣṇa, che con
un diretto gli spacca tutti i denti e poi lo costringe a terra con una presa di
strangolamento. Il cavallo cerca ancora di colpirlo con i suoi calci, ma ormai
è finita: anche lui è costretto ad abbandonare le sue spoglie terrene.
Il
“dio bambino” lotta anche contro Jambavana, il re degli orsi, uno degli
eroi del Rāmāyaṇa. L’incontro durò 28 giorni, alla fine l’orso, esausto, si gettò a terra, ammettendo la sconfitta e
riconobbe Kṛṣṇa come incarnazione di Rāma[6].
Siamo
sicuri che molti, leggendo queste storie si stupiranno e le giudicheranno poco
credibili, ma la letteratura indiana, dal Bhāgavata
Purāṇa al Viṣṇu Purāṇa, dalla Bhagavad
Gītā al Ghata Jātaka[7],non
lascia dubbi: la vita di Kṛṣṇa è un susseguirsi di
combattimenti e il tempo che passa nelle “fosse di fango” - i ring dell’epoca -
è di gran lunga maggiore di quello trascorso nella foresta a suonare il flauto.
Lo riconoscono, implicitamente, anche i pacifici Hare Krishna: i loro libri
devozionali sono pieni di scene di combattimento.
Ecco
alcuni esempi:
1)
Kṛṣṇa
spezza i denti del “Cavallo” e lo atterra con un calcio al ventre:

Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Krishna_Killing_the_Horse_Demon_Keshi.jpg
2)
Kṛṣṇa entra
nella bocca del “Serpente” prima di soffocarlo e spaccargli la testa.

Fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/Aghasura
3)
Kṛṣṇa
uccide la “Gru” (il demone uccello Bakāsura).

Fonte: https://www.pinterest.it/pin/299067231485732863/?lp=true
4) Kṛṣṇa atterra
il “Toro” prima di ucciderlo sotto lo sguardo amorevole di pavoni e colombe.

Fonte: https://www.tell-a-tale.com/krishna-killed-demon-arishtasura/
Non
ci sono molti dubbi sul fatto che Kṛṣṇa fosse un lottatore di Malla-Yuddha,
la sua forza e la sua abilità sono riconosciute anche dai buddhisti: nel testo che
abbiamo già citato, il Ghata Jātaka[8],
si racconta di come Kṛṣṇa e i suoi “nove fratelli” facessero parte di
una famiglia di wrestler e di come abbiano conquistato il regno di Kaṃsa
grazie alla loro abilità di lottatori.
Che
Kṛṣṇa abbia ottenuto ricchezze, amore e gloria eterna grazie al Malla-Yuddha
è cosa più che plausibile in un paese in cui la lotta e lo sport in genere sono
considerati un’arte sacra, e questo considerare Kṛṣṇa un campione sportivo, facciamo
attenzione, non toglie niente alla sua grandezza e non deve far nascere dubbi di
qualche genere ai suoi devoti. Kṛṣṇa infatti è un pūrṇa puruṣa, un “essere umano intero”, ovveronon un “dio” come
lo intendiamo noi, ma una persona, nata, vissuta e morta, che ha realizzato
tutte le sue potenzialità.
Kṛṣṇa è un povero contadino che grazie alla sua forza e alla sua abilità diviene il più grande lottatore della sua epoca, il più grande seduttore - si dice abbia avuto duecento mogli - e infine il sovrano di un regno prosperoso; è per questo che è una figura da mitizzare e da tramandare ai posteri: perché ha realizzato tutti gli scopi dell’esistenza - puruṣārtha – diventando un esempio per le future generazioni.
Diceva
Vivekananda ai suoi allievi:
“You will understand the Gita better with your biceps, your muscles, a
little stronger. You will understand the mighty genius and the mighty strength
of Kṛṣṇa better with a little of strong blood in you.”
I muscoli, i bicipiti e il sangue che scorre forte nelle vene possono essere strumenti per la comprensione delle scritture. Non bisogna “studiare Kṛṣṇa”, dice Vivekananda, bisogna “realizzarlo” rivivendo attraverso lo Sport le sue gesta.
Kṛṣṇa èl'atleta perfetto e per questo deve essere onorato come un dio. La competizione sportiva per gli indiani è una rappresentazione rituale delle
gesta degli antichi eroi, un “gioco” nel quale non esistono nemici, ma compagni
di viaggio grazie ai quali possiamo riconoscere i nostri limiti e sviluppare le
nostre potenzialità.
[1] Stiamo
citando il giornalista indiano Devdutt Pattanaik (https://www.mid-day.com/articles/devdutt-pattanaik-krishna-the-wrestler/17259162).
[2] Per fare un esempio: l “Grande Gama”, il più famoso
campione indiano del XX secolo, ogni giorno beveva 10 litri di latte e mezzo
litro di Ghee (burro chiarificato) con pasta di mandorle, mangiava 4 chili di
frutta di stagione, 2,4 chili di burro, e, tra una seduta di allenamento e
l’altra, divorava due piatti di carne di montone e sei piatti di pollo cucinato
con curry, cipolle e spezie a volontà.
[3] Il Bhagavati
Purāṇa, (letteralmente "Il Purāṇa dei seguaci del Bhagavat")
conosciuto anche come Śrīmad Bhāgavatam, è uno dei testi sacri della
tradizione induista.
Attribuito a Vyasa, autore del Mahābhārata, è composto da 14.579 strofe divise in dodici sezioni o canti. Il tema centrale dell'opera è Viṣṇu/Kṛṣṇa qui inteso come il Bhagavat, Dio, la Persona suprema. Il primo canto fornisce un elenco degli avatara di Viṣṇu, ed i canti successivi ne descrivono in dettaglio le caratteristiche ed i līlā (passatempi); il decimo e l'undicesimo canto offrono una narrazione dettagliata dell'apparizione di Kṛṣṇa, dei suoi passatempi a Vrindavana e delle sue istruzioni ad alcuni devoti. Il canto finale, il dodicesimo, anticipa l'avvento dell'età del Kali yuga (l'era attuale, in accordo con il ciclo induista), e la futura distruzione dell'universo materiale da parte di Kalki.
[4] Fonte:
-
Dallapiccola
Anna, Dictionary of Hindu Lore and Legend.
ISBN 0-500-51088-1.
-
George M.
Williams. Handbook of Hindu Mythology.
Oxford University Press. p. 178. ISBN 978-0-19-533261-2.
-
John Stratton Hawley; Donna Marie Wulff. The Divine Consort: Rādhā and the Goddesses
of India. Motilal Banarsidass (1982). p. 374. ISBN 978-0-89581-102-8.
-
Aiyangar Narayan. Essays on Indo-Aryan Mythology-Vol. Asian Educational Services. p.
503. (1901) ISBN 978-81-206-0140-6.
[5] La narrazione dei combattimenti e la
precisa descrizione delle mosse dei lottatori ci ha fatto venire in mente
un’ipotesi bizzarra: nella nostra pur limitata esperienza negli sport da
combattimento indiani abbiamo incontrato molte tecniche e posizioni con nomi
animali. Nel Kalari Payattu ad esempio, si parla di nove posture (vadivu)
principali - Cavallo, Elefante, Gatto, Serpente, Cinghiale, Pavone, Pesce,
Gallo e Leone – e lo stesso accade se non sbagliamo, in tutti gli altri sport
da combattimento, comprese le discipline cinesi, giapponesi e occidentali. Non
sarà, ci è venuto da pensare, che i nomi ridondanti dei demoni uccisi o
sconfitti dal Signore Kṛṣṇa non indichino in realtà le tecniche usate dai
suoi avversari? Chi conosce un minimo la Boxe e il Wrestling moderni sa che è
abitudine dare ai fighters dei soprannomi che ricordano le loro caratteristiche
fisiche o le loro tecniche preferite come “Toro scatenato”, “Tiger mask”, The
Rock”, “The Snake” …perché non supporre che anche nell’India antica vigesse
questa abitudine? Non vogliamo certo offendere i devoti di Kṛṣṇa, ma a noi
che fatichiamo a credere a demoni che si trasformano in animali mostruosi o in
turbini di vento, non dispiace affatto l’idea che “Orso”, “Toro”, Cavallo
Selvaggio”, “Gru”, “Asino”, “Serpente” siano semplicemente i Nick name di
antichi lottatori, famosi per il loro coraggio, per la loro forza e, a volte,
magari per la loro ferocia.
-
Patricia
Turner, Charles Russell Coulter. Dictionary of ancient deities. 2001, page
248
- ^ Magnotti, Angela; rews. "Jambavan Fights Krishna (Syamantaka Mani Legend, Part 5)".
[7] I Jātaka
sono I racconti delle vite precedenti di Buddha. Il Ghana Jātaka narra le
vicende di Kṛṣṇa considerato una precedente incarnazione di Buddha.
[8] Fonti:
-
Cowell,
E.B.Cowell, E.B. The Jataka or Stories of
the Buddha's Former Births, Vol.1-6, Cambridge at the University
Press.(1895)
- Francis, Henry Thomas. Jātaka tales, Cambridge: University Press. (1916)
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