YOGA E ARTI MARZIALI - Articolo di Simone Carbonardi

 

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Ricevendo uno splendido sprone dal settore Ginnastica Yoga CSEN sono qui a condividere il mio personale pensiero sul rapporto tra arti marziali e Yoga e su come quest'ultimo risulti, senza ombra di dubbio, un valore aggiunto ad ogni ambito di eccellenza sportiva. Partirei, per descrivere quale sia il mio punto di vista, proprio dall'idea di valore aggiunto che rispecchia quella abilità intrinseca manchevole all'interno di qualcosa che si riconosca debba essere compensata da un fattore esterno. 

Dopo 27 anni nel settore Sport da Combattimento come praticante (judo, wingtjun, Muay Thai) prima, come maestro di Muay Thai e  Presidente Italiano della World Muay Federation in seguito, posso facilmente asserire che la conflittualità insita nel gesto marziale è difficilmente sublimabile nella pacificazione, motivo che ha spinto la mia consapevolezza a calcare da anni il sentiero dello Yoga. È in questo tipo di considerazione che si può innestare l'idea di quanto lo yoga potrebbe risultare un valore aggiunto che possa meglio contenere e veicolare l'incipit che è alla base della concettualizzazione del confronto marziale.

È mio profondo parere che, per quanto si ricerchi la perfettibilità del gesto marziale, la ripetizione costante di un gesto per sua natura offensivo, anche se posto nel limitare della difesa, costruisca notevoli impressioni (samskara) nel proprio campo mentale, difficilmente sorpassabili da chiunque non si lasci persuadere dalla possibilità di esprimere violenza nel gesto. Il concetto di difesa è speculare all'offesa solo in quel mondo così reale che non si conosca più la strada per creare qualcosa di differente come la trascendenza dal sistema duale nel quale siamo volutamente immersi e mentre la bontà è qualità intrinseca in ogni uomo, la violenza rimane una delle scelte possibili. Nella Cina del primo novecento si sarebbe creato, in risposta a tanto ardire, un dialogo fatto di piccole ed erudite poesie che avrebbero trasportato la chiacchiera in un terreno di aulica assertivitá nella o nelle repliche. 

La realtà, che ho vissuto in ogni dove e ad ogni livello, che contraddistingue gli sdc è di ben altro spessore e reattività; in parole povere difficilmente mi aspetto una replica contemporanea nelle tre accezioni di colloquialitá, piacevolezza e non reattività. Spero vivamente di essere smentito così da poter conoscere qualcosa di diverso da ciò che ho avuto la possibilità di vivere o sperare che l'insegnamento yogico, derivante da questo breve satsang, abbia già portato i suoi primi frutti. 

Si dice sempre che non sia l'oggetto in sé ad essere portatore di violenza e che tale qualità corrisponda all'intelletto di colui che lo adopera. Anche se conscio che l'intelletto possa portare a compiere nefandezze con qualunque oggetto, penso che con un "batuffolo di ovatta" al posto di "calci, pugni, gomitate e ginocchiate" ci si senta meno propensi naturalmente. Premettendo che in un mondo dove non vige diffusamente una scienza della mente anche le arti marziali, disciplinate, possano ben fungere da argine, trovo però che lo Yoga possa essere di sicuro un elemento utile, se non necessario, per poterne almeno contenere l'insito stimolo al confronto conflittuale. 

È questo il punto focale del mio pensiero: non c'è mai nulla di sbagliato in senso assoluto ed il segreto risiede nella capacità di discernimento e nella realizzazione di una mente non conflittuale che sappia utilizzare la mutevole realtà come strumento di rivoluzione costante verso il proprio interno. Come studioso della mente so che storicamente si è dato maggior adito ad un pensiero che veda sedare il nostro temperamento più focoso ed aggressivo potenziandolo sino alla stanchezza nella speranza di non vederlo prodotto nella vita di tutti i giorni. 

È proprio la coscienza storica che dovrebbe evidenziare il fallimento di tale metodo che si è reso compartecipe di un miglioramento che non basta o è contestuale a rari casi ed attitudini particolari ma che non estingue nella quasi totalità dei casi il problema dell'aggressività. Per concludere, pensare alla possibilità di essere un valore aggiunto, per quanto umile come pensiero, significa contemplare la migliore natura non conflittuale dello yoga rispetto alle arti marziali ed ancor più dei moderni sdc. Uno Yoga utile soprattutto in questo momento storico, valutando il suo prezioso e sempre più necessario apporto in termine di recupero di una integrità fisico-morale che renda servigi ad una migliore relazione con il contesto. 

Qualora non fosse possibile poiché ritenuto utopico, sono del parere che possa aiutare di sicuro a smorzare la volontà di confronto e confronto conflittuale insito nella natura umana.

Alcune delle arti marziali si stanno avvicinando allo yoga ed alcuni Yogi si stanno lasciando inflazionare dall'idea del confronto marziale; una commistione che, per quanto preziosa per l'opportunità di conoscere realtà e filosofie nuove, non dovrebbe lasciar adito ad una mediazione che vede scalare il concetto di mente non conflittuale, armonica e serena dichiarata dallo stato di Samadhi che rimane tale solo nella sua massima accezione di Asamprajnata. Chiudo con una citazione da un film a me caro. "Tutti i confini sono convenzioni, in attesa di essere superate; si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può concepire di poterlo fare." Magari, dico solo magari, sarebbe ora di fare un passo avanti: Yoga.

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